Poesie
Al sole della vita
(100) Aspettando te
Cesenatico
(100) Sulle sabbie del cuore
Dentro l'anima
(93) Ci sono uccelli i più goffi e scuri che quando infreddoliscono sul nodo d'un ramo, in tutto assomigliano a quel nodo. (Alberto Bevilacqua)
Drudylla
(100) Anima mia
Fra i rami
(100) Andando per le vie
Il canto del pellegrino
(100) Sottobosco della vita
La poesia è morta
(100) Viva la poesia
Orme lontane
(100) Ricordati di me
Se non puoi
(100) Esistenze in negativo
Segreti versi
(100) Indicibile del mondo
Senza quadrature
(100) Da sempre - per sempre
Tra prosa e poesia
(100) Io -per sbaglio-
Raccolta: Orme lontane
Ho compreso
E’ notte fonda, l’aggeggio che il progresso ha deputato al segnar del tempo corre,
guardandolo m’accorgo ch’è notte, più che notte oltrepassata, oscurità.
Il tempo che ha composto il giunger di quest’attimo è il nulla,
che m’ha sfamato con parole che non sapevi darmi,
di respiri che non desideravi regalarmi.
Come trascorso l’ebbi è pensiero e tedio che non ti porrai, eppure io ti sognai,
mentre le mani mie scrutavan la fragilità del corpo,
mentre la mente s’arrampicaa per le vie d’un bosco, io ti bramai,
come l’uccello il nido, come il pescator il lido.
Fra un attimo mi vestirò dell’alba,
e scorderò le insulsità pensate, rinnegherò le atrocità commesse.
Come candido giglio, come piumato uccello potrò seguire il volar dell’anima,
cerulea, pallida, del candor che veste la purezza.
Non ne son degna, io non la merito,
l’amor che per te reco ad altre strade mi introduce, in altri anfratti mi conduce.
Io son indegna, io son fugace, son avida, volubile, io son rapace.
Eppur io t’amo!
La vita tua m’è preziosa quanto il sangue mio,
il tuo dolore m’è vicino quanto il Santo Dio.
Eppure sbaglio!
L’ascolto del sentir mi porge inganno, e nonostante ciò io mi condanno.
Allo spuntar del sol vorrei tenerti affinaco, ma ciò che te lega me affanna.
Allo schiarir del ciel vorrei la pace, del corpo, della mente, del reale.
Vorrei poter sopir questo tormento,
vorrei poter scordar l’insulso inganno.
Perdonami mio amor se reco danno,
al cuor tuo che sobrio e parco non subì travaglio.
guardandolo m’accorgo ch’è notte, più che notte oltrepassata, oscurità.
Il tempo che ha composto il giunger di quest’attimo è il nulla,
che m’ha sfamato con parole che non sapevi darmi,
di respiri che non desideravi regalarmi.
Come trascorso l’ebbi è pensiero e tedio che non ti porrai, eppure io ti sognai,
mentre le mani mie scrutavan la fragilità del corpo,
mentre la mente s’arrampicaa per le vie d’un bosco, io ti bramai,
come l’uccello il nido, come il pescator il lido.
Fra un attimo mi vestirò dell’alba,
e scorderò le insulsità pensate, rinnegherò le atrocità commesse.
Come candido giglio, come piumato uccello potrò seguire il volar dell’anima,
cerulea, pallida, del candor che veste la purezza.
Non ne son degna, io non la merito,
l’amor che per te reco ad altre strade mi introduce, in altri anfratti mi conduce.
Io son indegna, io son fugace, son avida, volubile, io son rapace.
Eppur io t’amo!
La vita tua m’è preziosa quanto il sangue mio,
il tuo dolore m’è vicino quanto il Santo Dio.
Eppure sbaglio!
L’ascolto del sentir mi porge inganno, e nonostante ciò io mi condanno.
Allo spuntar del sol vorrei tenerti affinaco, ma ciò che te lega me affanna.
Allo schiarir del ciel vorrei la pace, del corpo, della mente, del reale.
Vorrei poter sopir questo tormento,
vorrei poter scordar l’insulso inganno.
Perdonami mio amor se reco danno,
al cuor tuo che sobrio e parco non subì travaglio.
Pubblicato: sabato 13 settembre 2003
Alle ore: 21:04:00
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