Prose

Io e te
(1) Il viaggio
Le mie stanze
(41) Assenze d'esistenza
Raccolta: Le mie stanze
Nulla pił
Sputa locuzioni biascicate, la bocca rossa dello sdegno, per educare i figli conquistati e prigionieri della noncuranza mentre, il destino, indora carnagioni al sole e strangola anime in umide muffe di giudizi. Ingoia il mantecato sentimento la bocca secca dell’indifferenza, per erudire l’uomo mercenario e servitore oppresso dal denaro mentre, un bimbo, insegna favole all’empireo e crea desideri nell’arida distesa del pensiero.

Oltrepasso inappagata il libro decifrato e non goduto.
Cammino senza voglia il bene desiderato e mai ottenuto.
Osservo, sbadatamente, l’amore dato e non restituito.
Brucio il presente e tutto intorno ignoro.

Spargo, in semina, mucchi di cenere al futuro.

Appaiono solitudini, invece sono moltitudini in folla queste idee.
Sembrano silenzi, eppure sono vociferanti schiamazzi i sentimenti.
Parlano al foglio piuttosto che alle genti i tanti sogni.
Vibrano lenti al fremito delle verdi foglie... i pianti.
Volano larghi i flebili ronzii dei deltaplani.
S’odono vicini i rumori delle ruspe lontane.
Descriverli, è mera abilità di rima.
Viverli, è poema di eterna, inconfutabile poesia.

La nave in porto ed i gabbiani a seguito;
gli scogli al mare e l’orizzonte al cielo;
l’ombre alla sabbia come le luci ai rami;
silenzi all’ascolto come i canti al cuore.

Fatiche alle mani, o passi di piacere ai piedi?
Labbra al tacere, o dialoghi di pensieri all’ieri?

Riprende una memoria a calpestare l’oggi.
L’attimo è perduto
… il sono ormai non è già più.

Erano due, in sagoma d’amore disturbati dai viandanti battenti all’uscio.
Erano diamanti inviolati al rombo costante del mare.
Erano templi calpestati e profanati.
Erano il nuovo sentimento al ciglio umano;
caldo sangue dell’onda sovrana;
elogio di pace in regno d’armi.

Solo, contrastava l’idiozia, il loro amore!

Erano mistero di crisalide allo sguardo, proseguito nel giorno matto di commozioni in un battito vivente e breve fino a morirne di buio, nella tenebra accanto, quando lo vuole, e più non rinviene gli occhi in cui svelarsi.

Aveva mani che affondavano al cuore a seminarne, tra le zolle, il piacere.
Riportavano il passato, come merletti ingialliti stipati al fondo del baule.
Aveva occhi immortali, che parlavano sempre, a svelare tra i pensieri il sentito desiderio.
Aveva sogni, che morivano al terreno, a disperdere nei giorni il sentimento.
Seppellivano il presente, come i becchini sotterrano cadaveri di vite alacremente.
Aveva un'anima infinita, che taceva sempre, a nascondere tra le stelle l’umano tormento.
Aveva letizia che cospargeva al vento, e versava, tra i deliri, l’altissimo criterio.

S’intiepidisce il sole!
Piano s’allenta il ritmo del respiro.
Calmo, s’avvia il giorno al suo declino.
Si sfiamma in tenerezze il mondo!
Calano le voci in ombre di sussurri.
Dolci, le braccia, cingono gli affetti.
Lenti, i passi, volgono alle dimore, ed è ineccepibile il suono dell’Amore.
La Chiave dispettosamente manca.
Il passaggio serrato all’esigenza.
Il bimbo stranamente piange.
La donna magistralmente parla.
L’uomo perfettamente ascolta.
Un ordine gradatamente avanza: “Rimuovere tutto!”.

Duro, è il lavoro che stiva all’invisibile gli ostacoli.
Nulla più impedisce all’anima d’allungare ombre e, ai teneri occhi, di coprire d’immensa leggerezza il mare dell'amore.
Pubblicato: lunedģ 30 novembre 2015
Alle ore: 22:08:17
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